Isaac Julien
Nato a Londra nel 1960, è un filmmaker e artista visivo, che ha innovato il panorama cinematografico degli ultimi decenni, esplorando dalla fine degli anni Novanta anche il campo delle installazioni audiovisive. Con una cura meticolosa per gli aspetti formali e una straordinaria capacità narrativa, affronta delicati temi sociali aprendo la strada ad uno sperimentalismo che supera i confini tra le varie discipline artistiche. Nel 1983 fonda la Sankofa Film and Video Collective, casa di produzione indipendente, che produce lavori che esplorano i temi dell’identità nera (“black identity”) e della diaspora delle popolazioni africane nere (“black diaspora”), in rapporto alla cultura globale. In uno dei suoi primi capolavori, Looking for Langston (1989), affronta la problematica della discriminazione e la rappresentazione del desiderio omosessuale maschile; vince nel 1991 a Cannes il Premio Semaine de la Critique con Young Soul Rebels. Nel 1996 presenta al pubblico Frantz Fanon: Black Skin, White Mask, ritratto filmico del celebre psichiatra francese, e con The Attendant (1993) fa il suo ingresso nel mondo dell’arte: in quegli anni incontra Glenn Scott Wright, curatore alla Victoria Miro Gallery, che ospiterà nel 1999 la sua prima personale. Dal 2000 Julien traduce le sue ricerche cinematografiche in installazioni multischermo immersive che esaltano la sincronizzazione o lo sfalsamento dei fotogrammi, e si basano su un sapiente controllo spaziale senza un punto di vista privilegiato. Nel 2001 viene candidato al Turner Prize per Vagabondia (2000), opera che fa parte di una trilogia sul tema del museo; in Baltimore (2003) sviluppa, invece, una riflessione sulla capacità degli spazi espositivi di rappresentare la mescolanza di culture frutto della colonizzazione. Il confronto tra culture viene approfondito nuovamente nella serie di True North (2004), Fantôme Afrique (2005), Fantôme Créole (2005), che anticipa le installazioni Western Union: small boats (2007), Ten Thousand Waves (2010) e Playtime (2014). Nelle prime serie, Julien propone una rappresentazione poetica e una acuta analisi delle conseguenze dei flussi migratori. Nelle ultime esplora le dinamiche che derivano dal potere economico e il modo in cui influenzano le vite di milioni di persone in tutto il mondo. Nel 2019 Julien presenta Lessons of the Hour: Frederick Douglass, un approfondimento sulla figura visionaria del politico abolizionista e scrittore afroamericano, in rapporto al panorama culturale del suo tempo. I lavori dell’artista sono presenti nelle maggiori collezioni del mondo e importanti musei internazionali gli hanno dedicato mostre personali. È stato invitato alla Biennale di Venezia nel 2015 e nel 2017 (Padiglione della Diaspora) e nel 2002 ha partecipato alla documenta 11 di Kassel. Isaac Julien è stato insignito nel 2017 dell’onorificenza di “Commander of the Order of the British Empire (CBE) for services to the Arts” e nel 2018 è nominato Accademico della Royal Academy of Arts.
foto © Thierry Bal
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in occasione della mostra Lina Bo Bardi. Un meraviglioso groviglio
L’artista racconta la genesi e l’evoluzione del progetto espositivo Un meraviglioso groviglio e la sua collocazione all’interno del suo percorso di ricerca artistico.
Emozionante omaggio alla grande architetta italo-brasiliana Lina Bo Bardi, la mostra consiste in un’impressionante installazione video a nove canali, accompagnata da una serie fotografica, girata in diverse località del Brasile, tra cui il Museo d’Arte di San Paolo, il Museo d’Arte Moderna di Bahia e il Teatro Gregario de Matos di Salvador.
Il progetto rispecchia una modalità operativa che Isaac Julien attua a partire dal 2000, traducendo le sue ricerche cinematografiche in installazioni multischermo immersive che esaltano la sincronizzazione o lo sfalsamento dei fotogrammi e si basano su un sapiente controllo spaziale senza un punto di vista privilegiato.
Isaac Julien