lunedì chiuso
da martedì a domenica 11 – 19
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
domenica 24 dicembre ore 11 > 16
lunedì 25 dicembre chiuso
martedì 31 dicembre ore 11 > 16
mercoledì 1 gennaio ore 11 > 19
lunedì 6 gennaio ore 11 > 20
per i giovani da 18 a 25 anni (non compiuti); per gruppi a partire da 15 persone; possessori biglietto d’ingresso La Galleria Nazionale, Museo Ebraico di Roma; con esibizione della tessera o badge di riconoscimento: Accademia Costume & Moda, Accademia Fotografica, Biblioteche di Roma, Centro Sperimentale di Cinematografia, Enel (per titolare badge e accompagnatore), FAI – Fondo Ambiente Italiano, Feltrinelli, Gruppo FS, IN/ARCH – Istituto Nazionale di Architettura, Sapienza Università di Roma, LAZIOcrea, Palazzo delle Esposizioni, Amici di Palazzo Strozzi, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Scuola Internazionale di Comics, Teatro Olimpico, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro di Roma, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Youthcard; presentando alle casse un biglietto Frecciarossa o Frecciargento con destinazione Roma effettuato tra il 27 novembre 2024 e il 20 aprile 2025
valido per un anno dalla data di acquisto
minori di 18 anni; disabili che necessitano di accompagnatore; possessori di EU Disability Card e accompagnatore; dipendenti MiC; possessori della card myMAXXI; giornalisti iscritti all’albo con tessera di riconoscimento valida; accompagnatori e guide turistiche dell’Unione Europea, munite di licenza (rif. circolare n.20/2016 DG-Musei); 1 insegnante ogni 10 studenti; soci AMACI; membri CIMAM – International Committee for Museums and Collections of Modern Art; membri ICOM; giornalisti (che possano comprovare la propria attività); studenti e ricercatori universitari di storia dell’arte e architettura dell’Unione Europea, studenti delle accademie di belle arti pubbliche (iscritte AFAM) e studenti Temple University Rome Campus da martedì a venerdì (esclusi festivi); docenti IED – Istituto Europeo di Design, docenti NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, docenti RUFA – Rome University of Fine Arts; con esibizione della tessera o badge di riconoscimento: Collezione Peggy Guggenheim a Venezia, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Sotheby’s Preferred, MEP – Maison Européenne de la Photographie; il giorno del tuo compleanno presentando un documento di identità
La Collezione di arte e architettura del MAXXI rappresenta l’elemento fondante del museo e ne definisce l’identità. Da ottobre 2015 è esposta con diversi allestimenti di opere.
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Absorto, 1991
Legno, gesso, feltro, rame, gomma
Sin dai primi anni Novanta, l’artista portoghese ha prediletto l’utilizzo di materiali industriali, cemento, mattoni, tubi di gomma, rame, legno, vecchi manufatti intervallati da luci al neon, abbracciando nel suo linguaggio pittura, scultura, fotografia e disegno. Il suo lavoro si è sviluppato in relazione a tematiche quali lo spazio, l’architettura intesa come atto umano del costruire, la memoria e il tempo. La scultura Absorto, presenta una enigmatica costruzione circolare in cui una mise en scene poetica e paradossale dal potere suggestivo si spinge aldilà del visivo per arrivare ad una dimensione contemplativa e spirituale.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Lurra G 139, 1989/Oxido G 269, 1992
Lurra G 215, 1991/Lurra G 217, 1991
Terracotta
Il rapporto tra luce e architettura, le metamorfosi dello spazio e la definizione dei volumi attraverso la forma, la misura e il tempo sono state le principali indagini di Eduardo Chillida che da sempre ha approfondito nel suo lavoro questioni concettuali e preoccupazioni metafisiche con grande semplicità, equilibrio e poesia. Ritroviamo questi elementi di mistero, eleganza e organicità nelle quattro sculture in terracotta in cui viene esaltato il rapporto che sorge tra le forme stesse, che per l’autore è tanto più forte quanto più opera in segreto, nel silenzio. Questo rapporto per l’artista basco è uno spazio espressivo con una dimensione spirituale paragonabile al respiro, inaccessibile e nascosto al mondo esterno.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Float, 1986
Gesso e legno
Attratto da materiali scartati e trovati e allo stesso tempo fortemente interessato alla creazione di immagini e manufatti che non esistono nel mondo naturale o funzionale ma che riescono a far riflettere sul processo, la funzione e le qualità metafisiche degli oggetti che vengono prodotti. Grazie ai suoi studi alla Technical High School e alla successiva esperienza presso i laboratori della National Rubber Producers Research Association, l’artista inglese è entrato in contatto con il mondo degli atomi e della biochimica e ha sviluppato il suo interesse per l’essenza della materia e le sue trasformazioni. Float presenta un bancale e un tipico contenitore in vetro utilizzato nei laboratori chimici trasformati per ottenere una nuova ambigua e paradossale forma scultorea.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
100 years, 1997-2000
Fotografie in bianco e nero, etichette su cartoncino grigio
Da sempre appassionato al collezionismo di immagini e all’archiviazione. Nell’opera 100 years sviluppa nel tempo una splendida serie comprendente 101 ritratti fotografici di esseri umani di età compresa tra i primi mesi e cento anni. Le persone ritratte in bianco e nero, tutte accompagnate da un’etichetta che li identifica e ci svela l’età, sono perlopiù amici, familiari e conoscenti dell’artista tedesco e vengono catturati in maniera diretta e disincantata. Ogni soggetto in posa diventa funzionale alla descrizione dello svolgersi della cronologia della vita umana ponendo i visitatori in un punto di incontro di presente, passato e futuro in cui riflettere sullo scorrere del tempo e sull’ambiguità della vita quotidiana.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Senza titolo, 1991
Fibra di cemento e ferro
Nei lavori di Cristina Iglesias i confini tra scultura e architettura si confondono. Le sue opere sono spesso concepite come luoghi che si aprono a spazi altri creando immagini che si posizionano tra la realtà e la finzione, tra presenza e rappresentazione. La grande scultura misteriosa Senza titolo fa percepire al visitatore un senso d’impenetrabilità e allo stesso tempo lo invita ad entrare nell’opera per ritrovarsi in un mondo onirico, ricco di avvenimenti inattesi. Malgrado le dimensioni imponenti e l’uso di materiali pesanti, l’artista basca non rinuncia in nessuna occasione all’idea di leggerezza e di trasparenza, dove ogni particolare è rivolto a stimolare sensazioni ed emozioni.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Serie La Safor dal progetto Gandía i La Safor: els paisatges de Joanot Martorell, 1990
Fotografie, gelatina d’argento su carta
Si concentra sulla documentazione della vita in città, le sue fotografie tendono a rendere manifeste le tensioni sociali, economiche e politiche della società contemporanea. L’artista madrileno è un pioniere della fotografia negli spazi periferici, nelle aree portuali e nelle zone industriali. In questa serie La Safor, dal progetto Gandía i La Safor: els paisatges de Joanot Martorell il suo interesse è volto al comune di Gandia, nella provincia di Valencia. La città viene riprodotta minuziosamente con uno stile descrittivo capace di catturare il paesaggio reale in tutti i suoi particolari senza alcun tipo di romanticismo. I luoghi di La Safor sono svelati nelle diverse fasi di costruzione degli edifici delle località in cui trascorrere l’estate, dalle case basse della gente del posto collocate sul lungomare, alle casette a schiera, passando per il cinema e i chioschi deserti.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Escalera mecánica, 1987
Ferro e vernice
I suoi lavori si riallacciano alla tradizione post-minimalista, concettuale e costruttivista soffermandosi su temi quali la caduta, il vuoto, l’abisso, la mancanza di certezza. L’opera Escalera mecánica si presenta come una scala in ferro troncata che si erge verso il nulla. Nelle sculture e istallazioni dell’artista valenciana c’è una forte componente esistenziale e si ritorna insistentemente su concetti come lo squilibrio, lo spostamento, la vertigine. La sensazione di vertigine riconduce all’ignoto, alla paura dell’incerto e, allo stesso tempo, si fa metafora della libertà, delle innumerevoli incertezze di fronte alle quali l’uomo si trova a dover operare delle scelte.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Collection of 60 drawings nº 7, ca.1988- 1990
Inchiostro su carta di conservazione
L’artista americano è noto per aver impiegato nel suo lavoro metodi di produzione di massa in svariati modi. L’idea di ripetizione, di “serialità unica” è la cifra del suo lavoro. La sua impostazione gli ha permesso di analizzare e valutare criticamente lo stato dell’opera d’arte, in opposizione alla standardizzazione degli oggetti di consumo nella vita quotidiana. In Collections of 60 drawings n° 7, sessanta disegni di forme astratte nere su fondo bianco, sembrano prodotti in serie ma sono in realtà pezzi unici in cui la pittura è ridotta al livello di un semplice segno. I disegni differiscono tra loro solo per piccole variazioni attirando l’attenzione del pubblico nella ricerca delle differenze. Allan McCollum provoca nell’osservatore uno stato di confusione sul fatto che stia guardando un’opera d’arte o qualcosa che la rappresenti, analizzando quali siano le qualità che rendono un oggetto un’opera d’arte e rimarcando la differenza tra “l’idea” dell’opera e la sua condizione di merce.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Al norte de la tormenta, 1986
Ferro
Conosciuto prevalentemente per la sua capacità di creare possibili narrazioni, mondi irreali abitati da curiosi personaggi, ambienti stranianti in cui si instaura una tensione tra illusione e realtà. Il titolo della mostra prende il nome proprio da questa enigmatica ed inusuale opera dell’artista madrileno. La scultura in ferro si presenta a forma circolare con vari elementi tipici della sua arte ai suoi esordi: impalcature, balconi, portoni, ringhiere, corridoi, coltelli e tagli, strutture ambigue che spuntano dalla superficie impossibilitate a svolgere la loro funzione reale. Una configurazione che assomiglia ad un astrolabio, ad una meridiana che scandisce il tempo in cui mistero, architettura, frammento e illusione si mescolano per attivare l’immaginazione dello spettatore.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Model for tunnels, 1981
Gesso rinforzato, ferro e legno
Le opere di Bruce Nauman cercano di creare spazi e forme allarmanti, non immediatamente riconoscibili come tali, capaci di stimolare un’alterazione dei modi in cui l’individuo percepisce il mondo nel quale vive abitualmente.
L’opera Model for Tunnels, simula un tunnel vuoto, una struttura che evidenzia le giunzioni tra i vari materiali di scarto producendo una certa confusione tra interno ed esterno, tra inizio e fine. La scultura sembra galleggiare in uno spazio indeterminato e suggerisce uno stato d’indefinitezza volto a mostrare il processo più che l’opera finita.
I Modelli per Tunnels furono il centro dell’attività artistica di Nauman negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta diventando dei veri e propri strumenti d’indagine della relazione tra le idee e la loro formalizzazione materiale.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
El cuerpo y la ciudad de refractario II (1/2), 2003 El cuerpo y la ciudad de refractario III (1/2), 2003 Ciudad con figura A, 2003
C-print
Ha dedicato molti anni di lavoro alla creazione di un urbanismo immaginario fatto di configurazioni spaziali e costruttive come strutture organiche. L’artista valenciano ha creato la sua prima grande installazione scultorea Ciudad, Città, nel 1974, composta da un insieme di forme geometriche e ripetitive radunate in una composizione che riproduce un paesaggio urbano. Nelle tre fotografie El cuerpo y la ciudad de refractario II e III (1/2), Ciudad con figura A sono mescolati moduli di terracotta, sculture in ferro, simboli fallici e totem. La sua rappresentazione senza veli nelle fotografie esalta il rilevante rapporto simbiotico tra architettura e corpo umano, centrale nel suo lavoro.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Ostinato Blanco/Azul, 1996
Metallo (rame, ferro), vetro e cavi elettrici
Riconosciuto a livello internazionale nel campo dell’arte elettronica e della sound art, grazie ai suoi progetti istallativi, che mettono in relazione musica e arti plastiche. L’artista crea delle sculture che combinano musica, luci e circuiti elettronici e si contraddistinguono per la loro natura sensoriale e concettuale. Anche in questo caso la grande e suggestiva scultura sonora Ostinato Blanco/Azul si anima al passaggio del pubblico attivando una relazione con lo spazio e creando effetti di sorpresa negli spettatori.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Blood Orange Summer Glut, 1987
Assemblage (parti metalliche assemblate e camion giocattolo)
L’arte di Robert Rauschenberg negli anni Ottanta è indirizzata verso un’esplorazione delle proprietà visive del metallo. I Gluts sono sculture composte da assemblaggi di oggetti di recupero che l’artista ha iniziato nel 1986 e a cui ha continuato a lavorare senza interruzione fino al 1995. Tutti questi reperti- segnali stradali, tubi di scappamento, radiatori, saracinesche e molto altro – messi insieme si trasformano in opere poetiche e ludiche che acquisiscono un nuovo significato.
Blood Orange Summer Glut mostra la grande inventiva dell’artista americano che pensava ai suoi Gluts come a dei souvenir privi di nostalgia, occasioni di riflessione per le persone di fronte alle rovine.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Sweets, 1991
Ferro, piombo e vetro
Artista conosciuta prevalentemente per le sue sculture imponenti, astratte e dai potenziali significati simbolici in cui viene indagato il rapporto con lo spazio e i materiali. Nel suo lavoro sono molto impiegati la rete in ferro, la maglia metallica, le strutture rigide e sospese. Nel caso di Sweets i materiali utilizzati sono il ferro, il piombo e il vetro. L’ironica ed enigmatica scultura si pone davanti agli spettatori come una grande scatola con delle caramelle, oggetti della memoria in cui fisico e mentale si uniscono. Sotto l’aspetto di un linguaggio semplice, di forme che risultano esserci vicine, la scultrice spagnola riesce a trasportarci lontano, verso situazioni indefinite ed emotivamente evocative.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Gran diptic roig i negre, 1980
Tecnica mista su tela
Nel 1981, anno successivo alla realizzazione della tela Gran diptic roig i negre, Antoni Tàpies riceve la medaglia d’oro per le Belle Arti da re Juan Carlos I e la laurea honoris causa dal Royal College of Art di Londra. La straordinaria capacità dell’artista spagnolo di essere al pari di un “alchimista”, che riesce a trasformare la materia, a proiettare nelle sue opere una sostanza psichica in grado di sollevare ricordi archetipici universali, è sempre stata apprezzata. Le trame grafiche, la materia, i simboli matematici presenti in questa tela sembrano sgorgare da un big bang esplosivo ricco di forze sottese pronte a prendere una forma, uno spazio irriducibile alla logica.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Roller en la plaza del MACBA, Barcelona, 1998 Surferos en una antigua mejillonera, 1995 En la playa de Carcavelos, Lisboa, 1997 Breaker en el half pipe de Samil, Vigo, 2003 Windsurfero en la playa urbana, Tánger, 1999 En la playa de Mi Cayito, La Habana, 2001 Exhibición de boxeo en la sala Apolo, Barcelona, 1995 En Festimad. Móstoles, Madrid, 1998 Jugador de kayak-polo tras un partido en el puerto, Málaga, 1997 En el patio del Instituto Manuel Azaña, Getafe (Madrid), 1993 Jose, Dj de rap. Almería, 1991 Fan de Bad Religion, Jerez de la Frontera, 1996 Rapero de Sindicato del Crimen en el Terreno. Madrid, 1989 En el Cementerio del Sur. Manila, 2002 En la playa de Huntington. Los Angeles, 2013 Junto al Skate Park, 2008 En la feria de agosto. Olivenza (Badajoz), 1999 Skater, 1996
Fotografia a colori su carta
Grande appassionato di musica, si dedica sin dagli anni Settanta alle fotografie in ambienti musicali; in un primo momento concentra la sua attenzione su palchi e gruppi fino a quando il suo interesse si sposta sul pubblico di quegli stessi festival, bar, concerti, arrivando ad essere considerato negli anni Ottanta il fotografo della movida madrileña.
Una tempesta di vitalità viene sprigionata da questi ritratti pieni di personalità dell’artista noto per la sua dedizione alla cultura giovanile e alla moda di strada.
In questo caso sono immortalati, con un piglio antropologico, diciotto giovani adolescenti per le strade di Lisbona, la Havana, Madrid, Barcellona, Malaga, Almeria, Los Angeles, Tangeri, Manila.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
There’s no reason a good man is hard to find I, 1988
Tecnica mista, tubo in PVC, bulloni e viti in metallo, filo di grosso calibro, carta velina colorata, acrilico, finta pelle, filo industriale e legno.
Artista post-minimalista che sfugge a ogni tipo di categorizzazione. Utilizza nei suoi lavori una grande varietà di media, come la scultura, il disegno, la pittura, l’incisione, il collage e l’installazione. L’impiego di materiali poveri, effimeri e la ricerca di linee, volumi, forme, colori e scale differenti sono elementi che appartengono al vocabolario dell’artista americano, noto per la sua dimensione poetica e la sua attenzione per l’esperienza estetica del pubblico. Un senso di meraviglia a cui si aggiunge anche una certa ironia coglie, infatti, il fruitore di fronte alla scultura There´s no reason a good man is hard to find I, che si erge come una spirale dal suolo verso l’alto e sembra fare eco alle parole di Tuttle per cui “la società deve trovare un modo per passare dal dolore alla gioia”.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Solitària II. Sèrie: El melic del món. Fotografies #11, 1990-1991, fotografia
Pits I-IV. Sèrie: El melic del món. Fotografies #1, 1995, C-Print su legno
Le opere di Eulalia Valldosera si mostrano come semplici e complesse allo stesso tempo.
In queste due fotografie, che fanno parte della serie El melic del món / L’ombelico del mondo, innumerevoli mozziconi di sigaretta sono minuziosamente posizionati dall’artista in maniera da ricreare un luogo intimo, un corpo, una cosmogonia, alla ricerca di un punto di origine. Lo spettatore è invitato a smarrirsi nel fumo di questo paesaggio oscuro in cui sembra ritrovarsi catapultato in un luogo in cui la fantasia si libera e il tempo si espande lasciando spazio ad un viaggio interiore. Tramite l’utilizzo di oggetti quotidiani animati da effetti di luce, ombre e rifrazioni e una forte relazione con le energie profonde della materia, l’artista spagnola sembra proporci un’esperienza d’ascolto di segmenti invisibili della memoria.
Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
Galleria 4
a cura di Hou Hanru con Chiara Bertini
I capolavori della collezione IVAM al MAXXI
La mostra fa parte di Expanding The Horizon, il programma dedicato allo sviluppo di collaborazioni internazionali tra il museo, altre istituzioni culturali e collezioni private.
In questa occasione il MAXXI ospita alcune opere della collezione dell’IVAM, Institut Valencià d’Art Modern, uno dei più importanti musei d’arte moderna della Spagna con capolavori storici dell’arte spagnola e internazionale.
La mostra prende il nome da un’opera del 1986 del celebre artista spagnolo Juan Muñoz, Al norte de la tormenta. Esposti inoltre, tra gli altri, lavori di Bruce Nauman, Robert Rauschenberg,Tony Cragg, Antoni Tàpies, Cristina Iglesias, Susana Solano, Ángeles Marco.
Nel 2020 un focus sulla collezione del MAXXI sarà ospitato nelle sale dell’IVAM.
Juan Muñoz, Al norte de la tormenta, 1986. Courtesy IVAM, Institut Valencià d’Art Modern
COLLEZIONE IVAM IN MOSTRA
Pedro Cabrita Reis
Eduardo Chillida
Tony Cragg
Hans-Peter Feldmann
Cristina Iglesias
Manolo Laguillo
Ángeles Marco
Allan McCollum
Juan Muñoz
Bruce Nauman
Miquel Navarro
José Antonio Orts
Robert Rauschenberg
Susana Solano
Antoni Tàpies
Miguel Trillo
Richard Tuttle
Eulalia Valldosera