Di roccia, fuochi e avventure sotterranee
extra MAXXI
a cura di Alessandro Dandini de Sylva
lunedì chiuso
da martedì a domenica 11 – 19
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
per i giovani da 18 a 25 anni (non compiuti); per gruppi a partire
da 15 persone; giornalisti iscritti all’albo con tessera di riconoscimento valida; possessori biglietto d’ingresso La Galleria Nazionale, Museo Ebraico di Roma; con esibizione della tessera o badge di riconoscimento: Accademia Costume & Moda, Accademia Fotografica, Biblioteche di Roma, Centro Sperimentale di Cinematografia, Enel (per titolare badge e accompagnatore), FAI – Fondo Ambiente Italiano, Feltrinelli, IN/ARCH – Istituto Nazionale di Architettura, Sapienza Università di Roma, LAZIOcrea, Palazzo delle Esposizioni, Amici di Palazzo Strozzi, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Scuola Internazionale di Comics, Teatro Olimpico, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro di Roma, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Youthcard
valido per un anno dalla data di acquisto
minori di 18 anni; disabili che necessitano di accompagnatore; possessori di EU Disability Card e accompagnatore; dipendenti MiC; accompagnatori e guide turistiche dell’Unione Europea, munite di licenza (rif. circolare n.20/2016 DG-Musei); 1 insegnante ogni 10 studenti; membri ICOM; soci AMACI; giornalisti (che possano comprovare la propria attività); possessori della membership card myMAXXI; studenti e ricercatori universitari di Arte e Architettura dell’Unione Europea, studenti delle accademie di belle arti pubbliche (iscritte AFAM) e studenti Temple University Rome Campus da martedì a venerdì (esclusi festivi); docenti IED – Istituto Europeo di Design, docenti NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, docenti RUFA – Rome University of Fine Arts; con esibizione della tessera o badge di riconoscimento – valido per due persone: Collezione Peggy Guggenheim a Venezia, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Sotheby’s Preferred, MEP – Maison Européenne de la Photographie; il giorno del tuo compleanno presentando un documento di identità
La Collezione di arte e architettura del MAXXI rappresenta l’elemento fondante del museo e ne definisce l’identità. Da ottobre 2015 è esposta con diversi allestimenti di opere.
extra MAXXI
a cura di Alessandro Dandini de Sylva
lunedì chiuso
da martedì a domenica 11 – 19
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
Oslo Follo Line High-Speed Railway Project
(dati tecnici progetto: 36 km di scavo meccanizzato – 135.000 conci* posati in opera)
*segmenti prefabbricati in calcestruzzo utilizzati per comporre il rivestimento di gallerie realizzate mediante TBM (Tunnel Boring Machine: fresa meccanica, comunemente chiamata Talpa. Può raggiungere i 200 metri di lunghezza e fino a 19 metri di diametro)
Il progetto Follo Line, in Norvegia, consiste in una nuova linea per l’alta velocità a doppio binario, lunga 22 chilometri, che collegherà la stazione centrale di Oslo e un nuovo hub per il trasporto pubblico nella città di Ski. Il nuovo tunnel ferroviario è il più lungo mai scavato in Scandinavia ed è stato ideato per decongestionare il traffico nella periferia a sud-est di Oslo e integrare la mobilità pubblica dei piccoli centri attorno alla capitale. Follo Line è uno dei progetti ferroviari per l’alta velocità più importanti al mondo per la sua complessità tecnica e uno dei primi nella storia nordeuropea a prevedere una galleria a doppia canna, realizzata simultaneamente con quattro Tunnel Boring Machine (TBM).
Il mio lavoro sulla geologia è incentrato sulla rappresentazione del tempo attraverso le forme del paesaggio. La fotografia di paesaggio diviene dunque uno strumento filosofico per indagare processi naturali che superano la nostra immaginazione, nel tentativo di confrontarsi con una diversa percezione del tempo. Nel corso di questa ricerca mi sono imbattuto in temi come la stratificazione, l’interconnettività, la multidimensionalità e la complessità. La storia della geologia mi ha obbligato a guardare al paesaggio come a un sistema dinamico e complesso, al quale non è possibile applicare una visione semplicistica e lineare. Nella campagna al Follo Line ho cercato di far emergere questa visione discontinua, in cui boschi, pareti di roccia, campi coltivati, gettate di cemento, macchinari di scavo e costruzioni varie sembrano essere nematicamente distanti fra loro, ma in realtà fanno parte di un unico sistema complesso in continuo divenire.
Fabio Barile (Barletta, 1980) focalizza il suo lavoro sullo studio dei fenomeni complessi, partendo dall’osservazione dell’erosione delle coste e del paesaggio geologico e strutturando negli anni un utilizzo della fotografia come strumento filosofico di analisi della realtà. A partire dal 2013 analizza gli intricati elementi che caratterizzano il paesaggio in cui viviamo, attraverso evidenze geologiche, sperimentazioni con materiali fotografici e simulazioni di processi naturali. Nel suo lavoro più recente, Works for a cosmic feeling (2018-in corso), una raccolta di opere fotografiche che nel loro insieme agiscono come un viaggio nell’interconnettività, l’artista usa la fotografia come strumento stratigrafico e tenta di comprendere, connettere e raffigurare la realtà, cogliendo l’interazione tra elementi e tempi apparentemente distanti.
Brenner Base Tunnel Verona – Innsbruck High-Speed Railway
(Dati tecnici progetto: 42 km di scavo meccanizzato, 170.000 conci posati in opera, 20 km scavo tradizionale)
Sotto il passo del Brennero si sta costruendo quello che un giorno diverrà il collegamento ferroviario sotterraneo ad alta velocità più lungo al mondo: la Galleria di base del Brennero. Il progetto fa parte della rete trans-europea di trasporto TEN-T, soprannominata «la metropolitana d’Europa», e più precisamente del corridoio Scandinavo-Mediterraneo. Il lotto «Mules 2–3» è stato avviato a settembre nel 2016 ed è il più esteso della galleria: comprende oltre 17 dei 64 chilometri della linea ferroviaria che correrà sotto le Alpi. Una volta terminata la nuova linea dell’alta velocità, il tempo necessario ad attraversare il Brennero si ridurrà ad un terzo della durata attuale. Concluso il lotto «Mules 2–3», tutti i lavori della galleria in territorio italiano saranno completati, unendo l’Italia e l’Austria.
Il mio lavoro al Brenner Base Tunnel dà conto di una serie di tentativi per arrivare a realizzare un’immagine mai fatta prima, la fotografia di una «volata» in galleria, che limitazioni tecniche, logistiche e di sicurezza rendevano praticamente impossibile. Il rapporto fochino/fotografo è alla base della mia ultradecennale ricerca sull’uso degli esplosivi. Esiste una stretta relazione tra fotografia ed esplosivo, a cominciare dalla chimica attraverso il nitrato, proseguendo con la parallela evoluzione industriale e tecnologica, fino alle implicazioni filosofico-concettuali sul tempo, sulla casualità e sull’irreversibilità di un processo che una volta innescato non può essere fermato e che porta con sé diversi livelli di rischio. C’è sicuramente una componente irrazionale nel voler avere controllo su un processo che mantiene qualche grado di casualità e indeterminazione, ma ciò che sorregge l’esperimento è la struttura progettuale e la pre-visione del risultato finale, tipiche anche del pensiero fotografico.
Andrea Botto (Rapallo, 1973) usa la fotografia come sezione del mondo, con lo scopo di esprimerne la complessità e le stratificazioni. Il tempo, la memoria di eventi traumatici, le continue trasformazioni che segnano l’età presente, così come l’instabile equilibrio che governa il paesaggio, sono temi cardine del suo lavoro, che indaga attraverso l’estetica della distruzione. Fin dagli esordi conduce campagne fotografiche su cantieri e infrastrutture a grande impatto ambientale, integrando l’approccio in stile documentario con uno sguardo attento sia ai fenomeni antropologici, sia ai meccanismi della rappresentazione e messa in scena. Nel 2008 avvia una ricerca ultradecennale sull’uso degli esplosivi, KA-BOOM (2008-in corso), un progetto dedicato alla documentazione di esplosioni controllate e allo studio delle loro possibili relazioni con la fotografia.
Athens Metro Line 3 Extension Haidari – Piraeus Section
(Dati tecnici progetto: 6,5 km di scavo meccanizzato, 30.000 conci posati in opera, 6 stazioni)
Il prolungamento Haidari–Pireo della Linea 3 della Metro di Atene si estende da Haidari, un distretto a carattere residenziale situato nella periferia occidentale della città, fino al porto del Pireo, per terminare alla stazione Dimotiko Theatro. Il progetto prevede la costruzione di sei nuove stazioni: Agia Varvara, Korydallos, Nikaia, Maniatika, Pireo e Dimotiko Theatro. Una volta terminata, la nuova sezione della Metro sarà in grado di trasportare 135.000 passeggeri al giorno e collegherà il principale porto greco con l’aeroporto internazionale Eleftherios Venizelos, riducendo i tempi di percorrenza di 60 minuti. Ci sarà una media di 23.000 veicoli in circolazione in meno al giorno, con una riduzione giornaliera di circa 120 tonnellate di CO2.
Pensando ad Atene è naturale pensare all’archeologia; negli scavi archeologici possiamo trovare una consonanza di natura, mondo contemporaneo e artefatti. Ho voluto osservare il cantiere con questa attitudine, come avrei guardato uno scavo archeologico, analizzandone gli elementi da visioni ampie e complessive fino a dettagli microscopici. Sono arrivata ad Atene in un momento della vita del cantiere in cui si cominciavano a perdere le tracce dello scavo del tunnel. Uno scavo al contrario, al quale mi sono potuta approcciare nel momento in cui veniva chiuso, ricercandone i segni nel disegno della città, nell’ambiente e nel tessuto urbano preesistente. Le vedute sono testimoni di questo processo, non solo raccontano la morfologia di un territorio caratterizzato da una fitta urbanizzazione, ma lasciano anche intravedere le tracce di un lavoro complesso, nel suo rimarginarsi e scomparire sottopelle, per essere nuova linfa per la città.
Marina Caneve (Belluno, 1988), usa la fotografia come mezzo di esplorazione e costruzione della conoscenza con particolare interesse per la vulnerabilità, ambientale, sociale e culturale. La sua pratica si sviluppa attraverso un approccio multidisciplinare basato sul confronto di diverse prospettive, dal vernacolare-naïve fino al tecnologico-scientifico. Inserendosi nella tradizione della fotografia paesaggistica con un approccio caratterizzato dalla forte contaminazione tra discipline diverse, come la geologia, la sociologia e l’antropologia, in Are they Rocks or Clouds? (2019) esplora la costruzione della memoria collettiva delle catastrofi ambientali concentrandosi in particolare sulle Dolomiti. È fondatrice di CALAMITA/Á (2013-in corso), una piattaforma di ricerca che esplora i temi della catastrofe, del cambiamento, della memoria e della politica.
Sydney Metro City And Southwest Crows Nest – Water Loo Section
(Dati tecnici progetto: 30,5 km di scavo meccanizzato, 100.000 conci posati in opera , 6 stazioni)
Sydney Metro è il progetto infrastrutturale più imponente di tutta l’Australia e consiste nello sviluppo
e nella realizzazione della rete metropolitana di Sydney.
Ghella si è aggiudicata la commessa del lotto «Sydney Metro City & Southwest», che prevede 15,5 chilometri di nuovi tunnel gemelli e l’esecuzione di opere civili per la costruzione di sei nuove stazioni: Waterloo e le nuove piattaforme sotterranee di Central Station, Pitt Street, Martin Place, Barangaroo, Victoria Cross (North Sydney) e Crow’s Nest. I nuovi tunnel previsti dal progetto hanno la peculiarità di connettersi all’infrastruttura sopraelevata esistente nelle aree di Chatswood e Marrickville, per poi passare sotto il Sydney Harbour e alcune aree altamente urbanizzate come il City Business District. Lo scavo delle stazioni di Pitt Street e di Martin Place è avvenuto nell’area più popolosa e trafficata di Sydney. Una volta completata la tratta, è stato stimato che la capacità della metropolitana aumenterà da circa 24.000 a 40.000 persone all’ora e che i convogli avranno una frequenza media di un treno ogni due minuti.
“Le impressioni della mia prima visita alla caverna di Victoria Cross hanno influenzato molto il mio lavoro, che effettivamente racconta il cantiere come se fosse il territorio su cui si è sviluppata una civiltà aliena. In Cronache marziane di Bradbury la colonizzazione del pianeta viene raccontata dal susseguirsi di missioni di esplorazione che approdano su Marte: un gruppo di esploratori arriva sul pianeta e lo trova deserto, un altro gruppo si confronta con i segni della missione precedente, un altro ancora visita le case e i templi di una civiltà perduta. Il mio racconto fotografico è organizzato in modo simile. Ho fatto le fotografie come se mi stessi muovendo in un territorio sconosciuto, abbandonato da una civiltà aliena, dove è possibile osservare i segni lasciati da questa scomparsa. I segni sulla pietra, la tecnologia e le macerie corrispondono alle tre fasi di sviluppo del cantiere: la caverna, la galleria e lo smontaggio delle macchine, ma mentre fotografavo questi tre elementi avevo in testa le impronte lunari e le piattaforme di lancio dei razzi.”
Alessandro Imbriaco (Salerno, 1980) indaga tematiche sociali e politiche legate al contemporaneo. Il processo alla base della sua ricerca si sviluppa attraverso un approccio multidisciplinare dove alla ricerca personale affianca la progettazione di lavori collettivi e progetti partecipati. Da un lato, la sua pratica attinge al linguaggio della fotografia documentaria, come in Corpi di reato (2011-2016), un’archeologia visiva dei fenomeni mafiosi nell’Italia contemporanea, o Forza Maggiore (2017), un progetto collettivo e multidisciplinare sulla ricostruzione post-sisma. Dall’altro, la forte sensibilità per la relazione tra uomo e ambiente, la capacità di leggerne i segni all’interno del paesaggio e l’attenzione ai temi della memoria e dell’archivio, sviluppati in progetti come Archivio Bellosguardo (2019-in corso), collocano il suo lavoro all’interno di una ricerca visiva e artistica complessa e interdisciplinare.
Hanoi Pilot Light Metro Line Project Nhon – Hanoi Section
(Dati tecnici progetto: 5,2 km di scavo meccanizzato, 20.000 conci posati in opera, 4 stazioni sotterranee)
Il progetto della Pilot Light Metro Line 3 di Hanoi fa parte del nuovo sistema di trasporti della capitale vietnamita. Il lotto affidato a Ghella, interamente finanziato dalla Asian Development Bank (ADB), e il più lungo e più importante tra i 9 lotti in cui e suddivisa l’intera linea metropolitana. La rete ferroviaria complessiva comprende 8 linee della metropolitana e sarà completata entro il 2050. Situata nel nord del Vietnam, Hanoi sorge su un terreno alluvionale sul Fiume Rosso, a circa 130 chilometri dalla sua foce. E chiamata ≪la città dei laghi≫ per la presenza di numerosi specchi d’acqua. Nel corso del XX secolo ha avuto una crescita demografica vertiginosa, soprattutto dopo la fine della guerra tra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud, avvenuta nel 1975. L’esplosione demografica ha comportato un massivo processo di urbanizzazione e industrializzazione: oggi Hanoi è una metropoli con oltre 8 milioni di abitanti, la cui età media e di 27 anni, a cui si sommano pendolari che usano moto, autobus, taxi e biciclette. Il progetto della metropolitana fa parte del piano generale del Ministero dei Trasporti del Vietnam, che mira a ridurre l’uso dei trasporti privati e a migliorare l’ambiente urbano. Al termine, il percorso fornirà il trasporto a 200.000 passeggeri al giorno.
Trovandosi in mezzo a luoghi antichi come la città di Hanoi e, nello specifico, dentro cantieri pienamente operativi e impegnati nella costruzione di opere di quella portata, credo che sia necessario porsi domande sulla distinzione tra novità e valore, tra brutalità e forza, tra apparenza e significato. La fotografia diventa un modo per leggere e trasformare in momento di riflessione qualcosa di poco comprensibile e complesso per la mera visione diretta. La figura umana è forse al centro del lavoro per dare la «cifra» dello spazio e, in qualche modo, per permettere a chi guarda le fotografie di riconoscere un essere affine in mezzo a qualcosa di tanto lontano quanto percettivamente complesso. Lo spazio «vuoto» creato dal cantiere non è solo una fase intermedia ma diventa a sua volta un momento importante che, per altro, non tornerà mai più. In questo tipo di lettura la fotografia acquisisce anche, e inevitabilmente, lo status di documento di una condizione unica e di un momento in costante evoluzione e rinnovamento.
Francesco Neri (Faenza, 1982) indaga lo strumento e il linguaggio fotografico considerando la fotografia come evento di scoperta e di ricerca. La sua indagine fotografica sul ritratto e il paesaggio sociale si è sviluppata nel corso degli ultimi quindici anni a partire dai suoi studi presso l’Accademia di Belle Arti di Ravenna con Guido Guidi. I suoi ritratti sono modellati da una visione fondamentalmente umanista del mondo. Attraverso uno stretto legame con il suo territorio, l’artista, in serie come Farmers (2009-2021) o Trophies and Treasure (2017), riesce a toccare temi sociali, economici e universali, esplorando allo stesso tempo contesti e personalità individuali. Nel perseguire coerentemente questa ricerca attraverso un confronto seriale, l’artista ha creato un compendio di eccezionale valore documentario.
I progetti fotografici di cinque autori, incaricati di fotografare cinque grandi opere infrastrutturali in tutto il mondo.
Commissionate da Ghella, azienda specializzata in scavi in sotterraneo, le 120 immagini in mostra sono state realizzate tra il 2019 e il 2020 in cinque cantieri tra Europa, Estremo Oriente e Oceania. Nel percorso di mostra, introdotto dalle immagini storiche che documentano l’attività dell’azienda dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Cinquanta, le vedute delle città e dei cantieri si alternano a reperti archeologici, carotaggi e componenti di macchine escavatrici, mentre spettacolari esplosioni dialogano con foreste e formazioni rocciose: le dimensioni, la struttura e la fisicità degli spazi, dei macchinari e dei materiali da escavazione restituiscono la complessità dell’infrastruttura del cantiere e la sua natura di organismo in continuo divenire.
Il lavoro di Fabio Barile sul tunnel ferroviario che collegherà Oslo a Ski, giustappone immagini di intricati sistemi naturali e artificiali, foreste di conifere, scorci di cantiere e nuove urbanizzazioni. Le fotografie di Andrea Botto, realizzate nella galleria che unirà Italia e Austria sotto il passo del Brennero, documentano l’attività del fuochino, che culminano con la spettacolare esplosione del fronte di scavo. Le immagini di Marina Caneve della linea metropolitana che collegherà l’aeroporto di Atene al porto del Pireo, si interrogano sul rapporto tra città, progettazione contemporanea e memoria storica. Le fotografie di Alessandro Imbriaco che ritraggono dettagli ripresi all’interno delle mastodontiche talpe meccaniche, utilizzate per realizzare i tunnel, che corrono sotto la baia di Sydney, evocano atmosfere riconducibili all’esplorazione spaziale. La sequenza di Francesco Neri della prima metropolitana sotterranea di Hanoi taglia visivamente la città, restituendo il cantiere come una zona di conflitto e di sfida agli ambienti caotici, imprevisti ed organici della città.
in testata: Andrea Botto, Brenner Base Tunnel #14
fotografi in mostra
Fabio Barile
Andrea Botto
Marina Caneve
Alessandro Imbriaco
Francesco Neri